Autunno o primavera religiosa?

by don Aurelio

Oggi possiamo constatare una domanda inespressa di spiritualità, di ideali grandi per cui giocare la vita e fare squadra, di riflessione sul senso profondo del nostro stare al mondo (che per i cristiani è l’Amore verso tutti, anche verso i nemici…).
Pierangelo Sequeri su Avvenire del 9 marzo 2024 ha scritto: «Molta morale, poca comunità, zero cultura». Anche il Card. Zuppi su Civiltà cattolica ha scritto: «Oggi i cattolici fanno fatica a trovare modalità espressive, anche a causa di una certa timidezza davanti ad atteggiamenti a volte aggressivi di una certa cultura dominante».
Siamo di fronte a un grande analfabetismo della nostra epoca a livello religioso. Durante la pandemia la Chiesa si è mostrata spiazzata, timorosa, inadeguata, socialmente insignificante, anche se il Cristianesimo ha parole decisive sulla morte, sulla resurrezione, sul senso della vita e sulla vita eterna. Occorre accettare due sfide: il primato della cultura e la riscoperta dell’immenso patrimonio teologico del cristianesimo, consapevoli che l’evangelizzazione oggi si propone anche attraverso il bello e il buono (agathòs kai kalòs), senza ottimismo vuoto e sentimentalismo irrazionale (quanti litri di zuppa spiritualizzante…).
C’è però il rischio di una «sottocultura»: per esempio la paccotiglia pseudospirituale di sdolcinati opuscoli edificanti (cfr. Les bons chrètiens del filosofo Jean de Saint-Cheron dell’Institut Catholique di Parigi, oggi tradotto da LEV: «Chi crede non è un borghese»). Evidentemente tanta sciatteria culturale diventa controtestimonianza evangelica.
La sfida per i credenti oggi, soprattutto culturale, diviene sempre più evidente dinanzi ai nuovi fondamentalismi religiosi, alle forme volgari, violente e disumane di una certa cultura dominante. Senza invidie, gelosie o piccinerie dobbiamo maggiormente impegnarci in un lavoro di rete, di comunione e di alleanze…
Una proposta: una volta al mese incontrarci attraverso un approccio multidisciplinare che coinvolga teologia, filosofia, storia, arte e letteratura, ecc., e concludere con una cena: l’aspetto di una bella amicizia non è mai insignificante… C’è bisogno di un nuovo immaginario della fede che attragga i giovani e coloro che non si sono ancora stancati di pensare con serietà e libertà. E… senza cultura non è possibile.
Dinanzi alle nuove sfide e provocazioni, il cristianesimo non può certo reagire arroccandosi o pensando di combattere una guerra, anche se semplicemente culturale. Ma non può rinunciare ad esprimere una cultura, come ha ricordato Papa Francesco nel discorso all’Università Cattolica di Budapest il 30 aprile 2023, sollecitando a combattere l’omologazione imperante che dà vita a nuove colonizzazioni ideologiche. Un pensiero critico per scalfire il sistema di potere economico e tecnocratico.
Tutto oggi cambia. Nel disorientamento generale della società e della cultura, la Chiesa vive uno dei momenti più critici della sua storia. Un vero «inverno». Ci si interroga sul futuro. Una «nuova primavera» della Chiesa è possibile se, come i discepoli di Emmaus, ascoltiamo il Risorto che cammina al nostro fianco e ci riscalda il cuore. I giovani sono gli unici in grado di indicare il futuro e dare il coraggio per seguire l’invito evangelico «a sperare contro ogni speranza».
Il dubbio, l’incertezza e la stanchezza personale si uniscono all’apprensione sociale sempre più profonda, in un mondo in cui la pace viene ferita a morte dalla guerra. Se mettiamo al centro il Vangelo si può trasformare la notte della storia nell’alba di un nuovo giorno. Dobbiamo decidere se aspettare ottimisti o lavorare con speranza.
Come scrive Alberoni, «mentre l’ottimismo è una qualità del carattere che ci fa propendere sempre per la visione più favorevole, spesso non tenendo conto del principio di realtà, la speranza è sì fondata su un desiderio, su una visione del futuro, ma guarda lontano. È una apertura sul possibile».
Consigliamo la lettura di Frankl, filosofo austriaco vissuto nel secolo scorso, per trovare la forza (resilienza) di non cedere alla disperazione, prefigurandoci una possibilità di futuro, una possibilità di felicità oltre lo sconforto che stiamo vivendo. La speranza cristiana opera spesso in modo invisibile, ma vitale.
Papa Francesco diceva: «Ho speranza perché Dio cammina con me. Cammina e mi porta per mano. Dio non ci lascia soli. Il Signore ha vinto il male».


2025-10-20