Pensiero e teologia rapidi

by don Aurelio

Un mondo "elettrificato" è un mondo accelerato, fin dai primi del XX secolo. Alla fine del mese di aprile 2025 sono bastati pochi minuti in Spagna per fare precipitare abitanti e turisti nell’insicurezza. Il blackout di qualche giorno ha lasciato milioni di viaggiatori a piedi, milioni di persone senza denaro elettronico in tasca, milioni di persone senza luce in casa, con gli alimenti nel frigorifero destinati a essere buttati via, e milioni di persone impossibilitate a comunicare con i propri cari. Cinquantacinque milioni di persone si sono interrogate sulle fonti energetiche rinnovabili, la produzione di elettricità con solare e fotovoltaico con conseguente sbilanciamento improvviso tra domanda e offerta di energia.
Qualche secolo fa anche i motori a scoppio e a vapore hanno favorito il dissenso degli oppositori tradizionali alle ferrovie, alle biciclette (quanti preti appassionati della bici sono stati sospesi a divinis, come il mio amico don Riccardo D.). Anch’io personalmente ho salvato la mia vocazione, buttandomi con la bici in un prato e scomparendo nell'erba alta alla vista (improvvisa e non prevista) di un Monsignore, mentre in gruppo con i miei amici facevo un giretto in bicicletta.
Poi è stato possibile il telegrafo, il telefono, la radio, la televisione e, infine, il PC, il web e lo smartphone...
Per molti credenti negli ultimi 200 anni la "rapidità del mondo velocizzato" è stata un "problema", perché assumeva un significato narcisista, autocentrato, autoreferenziale. La resistenza alla rapidità è un debito alla lettura antimodernista della fede di fronte al mondo tardo-moderno. Dal concilio di Nicea e dal concilio di Trento si è ritenuto che il magistero ecclesiale potesse intervenire "velocemente" con "condanne" (magistero negativo). Il passaggio dalla famiglia patriarcale allargata a quella nucleare e l’accelerazione nella teologia ci hanno spinto verso un pensiero "rapido".
Nel Vangelo leggiamo che anche il Regno di Dio è rapido "come un lampo". Gesù nella tempesta dormiva e gli apostoli avevano paura... Anche i credenti hanno dovuto trovare il modo di compiere questo passaggio ad una fede fiduciale nella coscienza, negli atteggiamenti, nelle interazioni. Anche se Gesù dorme, è però sempre il padrone della situazione.
Non serve il fondamentalismo che rassicura, né serve illudersi che il sincretismo sia la nuova ricetta per un irenismo purtroppo deludente per tutti, né il tradizionalismo può acquietare la nostra inquietudine... Accogliamo la differenza proposta da Padre Antonio Spadaro tra velocità e rapidità della cultura e della teologia (la velocità è controllabile, mentre la rapidità è irruente) ed entrambe caratterizzano il nostro modo di pensare, di relazionarci e di credere. Siamo invitati a passare socio-culturalmente all’altra riva, di sera e perciò nel momento meno opportuno. Il sonno di Gesù non è segno di assenza, ma di un altro modo di abitare la realtà.
"Perché avete paura? Non avete ancora fede?" (Mc 4,40).
Oggi la Chiesa deve attraversare le acque agitate della storia, senza cedere alla paura né a facili nostalgie, senza aspettare che tutto torni come prima, senza chiusure difensive, senza immobilismo, ma piuttosto con discernimento. La Chiesa deve essere non un freno, ma una bussola; non una cittadella assediata, ma un'officina di utopie; non una bottega di restauro, ma un ospedale da campo. La testimonianza che ci ha lasciato Papa Francesco non è di seguire le mode, ma che sulla terra vivere è cambiare e per il credente al centro di tutto c’è la stabilità di Dio. "Non siamo nella cristianità, non più" (Papa Francesco). Non possiamo ripiegarci sul passato.
La rigidità dei tradizionalisti e dei progressisti nasce dalla paura del rapido cambiamento, disseminando di paletti e di ostacoli il terreno del bene comune, facendolo diventare un campo minato di incomunicabilità e di odio. Ricordiamo sempre che dietro ogni rigidità giace qualche squilibrio. La rigidità e lo squilibrio si alimentano a vicenda in un circolo vizioso. Non dimentichiamo le sapienti parole del card. Martini: "La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Soltanto la fede, la fiducia, il coraggio e l’amore possono vincere la stanchezza...".
Segnalo alla nostra attenzione due sapienti interventi di questi giorni di Crepet e di Galimberti che sembrano in controtendenza e forse anche un po’ anacronistici. In un mondo che corre senza tregua, rallentare può diventare un atto rivoluzionario. Scopri come la lentezza può restituirti tempo, consapevolezza e una nuova qualità della vita. In un mondo dove la velocità è sinonimo di successo, in cui ogni momento sembra essere un’opportunità persa se non sfruttata immediatamente, viviamo nella società della gratificazione istantanea, dove ogni click, ogni notifica, ogni messaggio ci spinge a una risposta rapida e immediata. La lentezza, quando è scelta consapevolmente, non è sinonimo di inefficienza o di pigrizia. Non dimentichiamo che può essere prezioso il silenzio, il pensiero riflessivo e l’atto di osservare prima di agire. Dobbiamo riprendere il controllo del nostro tempo e vivere in modo più consapevole per dedicare tempo a ciò che è davvero importante: le relazioni, la qualità del nostro lavoro, l’attenzione a ciò che ci circonda. Spesso la velocità è il nemico della profondità: imparare a rallentare significa anche riscoprire la bellezza del presente.
Ringrazio il Signore che mi ha donato i primi cinque anni di pensionamento come Parroco e l’anno prossimo festeggerò, a Dio piacendo, "per la quarta volta i miei vent'anni..." (non solo Al Bano, che mi concede la sua espressione...), con l'insorgenza purtroppo di qualche acciacco cronico-degenerativo, ma anche con la preziosità della rielaborazione di me stesso in autonomia rispetto al lavoro, con la revisione dell’uso del tempo per valorizzare l’essenziale nella prospettiva non del tempo, ma dell’eternità, con la ricerca di una nuova armonia tra spazio-tempo per sé e l'impegno socio-comunitario. Vivo il mio pensionamento come un tempo per "scegliere, finché Dio vorrà, i petali della mia personale margherita delle possibilità senili di fronte a Dio, alla mia coscienza e al mondo di oggi...". Veramente come prete non mi sento in pensione... lascio che il tempo passi rapidamente e velocemente: ormai ciò che conta è l’eternità.


2025-10-10