Dio è morto… e la Chiesa? Riflessioni scanzonate e pasquali

by don Aurelio

Vorrei abbandonarmi ai ricordi del liceo con un'ironia spregiudicata e una serena ilarità, affrontando tematiche di indubbia serietà e profondità. "'Dio è morto…'", cantava Francesco Guccini nel lontano 1965. Un brano di protesta che risuonava dei cambiamenti sociali e delle speranze di quell'epoca fervente. Il testo traeva ispirazione dall' 'Urlo' di Allen Ginsberg – Ho visto la gente della mia età andare via… – versi che la RAI censurò per presunta blasfemia, salvo poi vedere la stessa canzone trasmessa quotidianamente da Radio Vaticana, grazie all'autorizzazione di Papa Paolo VI.
Un secolo prima, con queste parole, Friedrich Nietzsche non intendeva tanto professare ateismo, quanto piuttosto scagliarsi contro quelle ideologie moralistiche che imbrigliavano lo spirito umano. Il filosofo giunse nel rigido novembre del 1882 nella quiete di un "alberghetto proprio in riva al mare" a Rapallo, convinto che "tutti i pensieri veramente grandi sono concepiti camminando". E così, nonostante l'emicrania lo affliggesse, percorreva solitario i sentieri che conducevano verso Portofino, iniziando a dare forma alla prima parte del suo "Così parlò Zarathustra". Nell'aforisma 125 de "La gaia scienza" (Adelphi, pag. 129), Nietzsche annunciava che Dio era stato ucciso nell'indifferenza e nella disattenzione dell'uomo mediocre (si vedano anche "Così parlò Zarathustra", pag. 132, e "L'Anticristo", pag. 25). (Propongo anche di leggere dal Catechismo della chiesa cattolica: Parte prima, sezione seconda: la professione della fede cristiana - Capitolo secondo: Gesù Cristo “discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte.”).
Ritornando ai giorni nostri, e in particolare al periodo pasquale, queste riflessioni nietzschiane e gucciniane ci interrogano sulla vitalità della fede e sul ruolo della Chiesa contemporanea. Un utile spunto di riflessione in tal senso può essere tratto anche dai libri di don Armando Matteo.
Forse la crisi di adultità è una delle cause principali della difficoltà di credere che si riscontra nelle nuove generazioni. Senza i giovani, il futuro stesso della Chiesa è a rischio. Come mai i ragazzi e le ragazze sembrano essere quasi scomparsi dalle nostre parrocchie? Spesso nelle famiglie si assiste a una mancanza di dialogo, di ascolto e di comunicazione tra giovani e adulti – una vera e propria eclissi del cristianesimo domestico-familiare, nonostante la famiglia sia definita la "chiesa domestica'. Don Armando Matteo conclude uno dei suoi libri offrendo dieci indicazioni su come riportare i giovani alla Messa. I ragazzi, infatti, hanno percepito una frattura sempre più marcata tra l'esperienza cristiana appresa durante il catechismo infantile e la loro concreta esperienza di vita, così come quella del mondo adulto.
La prima generazione definibile "incredula" è nata intorno al 1980. La cinghia di trasmissione della fede si è ormai spezzata sia a livello parrocchiale che familiare: spesso, infatti, gli adulti stessi non riservano spazio a Dio e alla Chiesa nella loro esistenza. Un teologo canadese, Padre Jean-Marie Teillard, ha posto una domanda provocatoria nel suo libro: “Siamo noi gli ultimi cristiani?” Eppure, Gesù stesso ci ricorda nel Vangelo: "Voi siete il sale della terra" (Mt 5,14).
È illuminante riscoprire la "Lettera a Diogneto" (un testo cristiano in greco antico risalente al secondo secolo) e il libro di Luigi Accattoli, "Io non mi vergogno del Vangelo". Il cristianesimo, indubbiamente, continuerà il suo cammino nella storia dell'umanità. Come ha ben scritto Padre Ghislain Lafont nel suo libro 'Immaginare la chiesa cattolica", la Chiesa continuerà ad esistere, forse "come resto e come minoranza".


2025-04-19